Ci vuole "carisma" per realizzare questo progetto, come da una considerazione di Oliviero Toscani?.
Probabilmente occorre improntare una strategia comunicativa, una relazione simbiotica efficace con il soggetto da fotografare. Ma è anche vero che occorre accettare il confine tra la propria umanità e la propria ipocrisia, perché su questo labile confine umano stiamo cercando di tenere un equilibrio che poi è quello di tutto il mondo contemporaneo. Non è stato semplice accettare tutto questo nell'obiettivo del mio smartphone, oggetto quasi sacro della nostra vita quotidiana. E non è stato semplice accettare di diventare razzista, seppur momentaneamente, nei confronti di un popolo che è stato madre e padre di tutte le razze del mondo. Discriminare le proprie origini di specie non fa parte del mio zelo creativo, provocare un seppur momentaneo dolore morale o fisico che sia non deve rientrare nel modus-operandi di una specie che si reputi civile. E in questo ambiente emozionale che ho scattato delle fotografie, quelle di "The Offense", quelle di Emanuel o quelle dei tanti immigrati dell'associazione "Civico 64" che si sono prestati al gioco di un progetto votato all'integrazione ma che poi era solo il gioco di un creativo probabilmente individualista. Quello che doveva essere un'indagine sociale verso l'esterno si trasformava nella più sincera indagine verso il proprio subconscio, sull'accettazione di me stesso, delle proprie contraddizioni umane, sul proprio cinismo occidentale. Quelle persone non le conoscevo, l'unico mio contatto poteva essere un libretto con scritto delle offese?. L'unico punto di contatto tra il rigurgitante pensiero occidentale e un popolo senza terra può essere uno scatto fotografico?. Quando ho rivisto queste immagini l'unico mio desiderio era quello di riavvolgere il nastro, ritornare al momento dello scatto e chiedere umilmente scusa a chiunque fosse stato davanti a me in quel momento. Io ero l'offesa, non la mia strategia, e se il mio ammortizzatore emotivo "scusate se sono troppo bianco" lasciava posto a qualche sorriso di riappacificazione, io per loro sarò ricordato come quello del libretto delle offese perdonate. Bravo Stefano, avevi davanti a te la storia dell'umanità e te la sei venduta allo scatto migliore. Un unica consolazione, quello di aver raccontato il cinismo umano in uno scatto, la foto più forte del giorno secondo un Oliviero Toscani che è da trent'anni che probabilmente si pone gli stessi interrogativi esistenziali, o forse no. Solo lui conosce se stesso meglio di qualsiasi altro, e conosce pure i vizi di noi occidentali, le nostre ipocrisie, le nostre paure, le nostre codardie. Perché l'occidente ha gli occhi troppo chiusi per vedere, spesso occorrono immagini e parole forti perché si accorga della realtà che sta vivendo. Noi siamo quello che siamo, è inutile offendersi, gli stessi che proclamano i veneti come una "razza" da miliardi di Euro di fatturato interno lordo, criticano la Benetton stessa di aver spremuto all'inverosimile il proprio indotto produttivo. Quelli che proclamano il maggior fatturato del comparto turistico italiano vorrebbero alzare i muri al resto del mondo. Bisogna aprire gli occhi e chiudere di tanto in tanto gli altri sensi per accorgersi che viviamo in un unico pianeta che guarda caso si chiama Terra, e non "nostra Terra". Chi alza muri potrebbe trovarsi suo malgrado chiuso in casa, senza acqua ne pane perché mai come oggi la demografia mondiale è così instabile. Mi sembra chiaro che nessuno ha mai alzato il dito sul singolo individuo, ma su un cliché culturale sicuramente opinabile ma altrettanto realistico, chi si sente farne parte è ovvio che tenta di dissociarsi. Anche questo potrebbe essere "The Offense", un'arbitraria circostanza di auto consapevolezza sul valore del termine "offesa". L'integrazione, l'accettazione e l'inclusione sono l'unica strategia di una civiltà eterna, altrimenti solo i ruderi ne faranno emblematica testimonianza.
sm
Probabilmente occorre improntare una strategia comunicativa, una relazione simbiotica efficace con il soggetto da fotografare. Ma è anche vero che occorre accettare il confine tra la propria umanità e la propria ipocrisia, perché su questo labile confine umano stiamo cercando di tenere un equilibrio che poi è quello di tutto il mondo contemporaneo. Non è stato semplice accettare tutto questo nell'obiettivo del mio smartphone, oggetto quasi sacro della nostra vita quotidiana. E non è stato semplice accettare di diventare razzista, seppur momentaneamente, nei confronti di un popolo che è stato madre e padre di tutte le razze del mondo. Discriminare le proprie origini di specie non fa parte del mio zelo creativo, provocare un seppur momentaneo dolore morale o fisico che sia non deve rientrare nel modus-operandi di una specie che si reputi civile. E in questo ambiente emozionale che ho scattato delle fotografie, quelle di "The Offense", quelle di Emanuel o quelle dei tanti immigrati dell'associazione "Civico 64" che si sono prestati al gioco di un progetto votato all'integrazione ma che poi era solo il gioco di un creativo probabilmente individualista. Quello che doveva essere un'indagine sociale verso l'esterno si trasformava nella più sincera indagine verso il proprio subconscio, sull'accettazione di me stesso, delle proprie contraddizioni umane, sul proprio cinismo occidentale. Quelle persone non le conoscevo, l'unico mio contatto poteva essere un libretto con scritto delle offese?. L'unico punto di contatto tra il rigurgitante pensiero occidentale e un popolo senza terra può essere uno scatto fotografico?. Quando ho rivisto queste immagini l'unico mio desiderio era quello di riavvolgere il nastro, ritornare al momento dello scatto e chiedere umilmente scusa a chiunque fosse stato davanti a me in quel momento. Io ero l'offesa, non la mia strategia, e se il mio ammortizzatore emotivo "scusate se sono troppo bianco" lasciava posto a qualche sorriso di riappacificazione, io per loro sarò ricordato come quello del libretto delle offese perdonate. Bravo Stefano, avevi davanti a te la storia dell'umanità e te la sei venduta allo scatto migliore. Un unica consolazione, quello di aver raccontato il cinismo umano in uno scatto, la foto più forte del giorno secondo un Oliviero Toscani che è da trent'anni che probabilmente si pone gli stessi interrogativi esistenziali, o forse no. Solo lui conosce se stesso meglio di qualsiasi altro, e conosce pure i vizi di noi occidentali, le nostre ipocrisie, le nostre paure, le nostre codardie. Perché l'occidente ha gli occhi troppo chiusi per vedere, spesso occorrono immagini e parole forti perché si accorga della realtà che sta vivendo. Noi siamo quello che siamo, è inutile offendersi, gli stessi che proclamano i veneti come una "razza" da miliardi di Euro di fatturato interno lordo, criticano la Benetton stessa di aver spremuto all'inverosimile il proprio indotto produttivo. Quelli che proclamano il maggior fatturato del comparto turistico italiano vorrebbero alzare i muri al resto del mondo. Bisogna aprire gli occhi e chiudere di tanto in tanto gli altri sensi per accorgersi che viviamo in un unico pianeta che guarda caso si chiama Terra, e non "nostra Terra". Chi alza muri potrebbe trovarsi suo malgrado chiuso in casa, senza acqua ne pane perché mai come oggi la demografia mondiale è così instabile. Mi sembra chiaro che nessuno ha mai alzato il dito sul singolo individuo, ma su un cliché culturale sicuramente opinabile ma altrettanto realistico, chi si sente farne parte è ovvio che tenta di dissociarsi. Anche questo potrebbe essere "The Offense", un'arbitraria circostanza di auto consapevolezza sul valore del termine "offesa". L'integrazione, l'accettazione e l'inclusione sono l'unica strategia di una civiltà eterna, altrimenti solo i ruderi ne faranno emblematica testimonianza.
sm
#occidente
#regionalismo
Perché oggi la notizia digitale è più reale della verità?
Perché oggi la notizia digitale è più reale della verità?.
Una delle risposte plausibili è che ci comportiamo come massa e non più come individui, più recentemente che in passato. Il vantaggio di fare "massa" è notevole: paure, ansia, responsabilità vengono diluite fino a diventare invisibili, quasi inesistenti. L'individuo deve cacciare la sua preda per sfamarsi, la massa si reca semplicemente al supermercato dividendosi in carnivori, vegetariani, e addirittura crudisti. La massa va a votare per un futuro migliore, l'individuo se lo crea direttamente e celebra la sua esistenza nelle proprie responsabilità quotidiane. Così pure la notizia digitale promette tempi migliori, o peggiori, a seconda del contenuto, mentre la notizia reale non fa alcuna promessa ed invita piuttosto all'azione, ad un ripensamento della propria vita, a sottodimensionare il proprio tenore di vita a favore del bene comune e dell'ecosistema. E poi c'è di fatto che il cane randagio, l'individuo, fa ben più paura di un'intero canile che poi è la società contemporanea, che vive protetta da alte reti metalliche le cui maglie filtrano ogni ben di Dio ad eccezione dell'Umanità stessa. Questa è la notizia reale, potrebbe far rabbrividire un orso polare in tempi di disgelo o di innalzamento delle temperature globali, tanto per rimanere in termini di idiozie, e pure noi stessi se svelassimo per un attimo il nostro vero cuore in tempi di Civiltà Umana. Non siamo civili, questa è la vera notizia, la civiltà è ben altra cosa, digitale o reale che sia. Dobbiamo ammetterlo in tutta onestà. La confezione lo darebbe a dimostrare, il contenuto invece delude. Apparteniamo ad una civiltà neonata appena uscita dall'incubatore della placenta universale. In breve tempo abbiamo colonizzato l'intero pianeta e ora abbiamo puntato gli occhi su Marte come fosse l'ultimo succulento barattolo di marmellata da spalmare come nutella in una fetta di pane ormai fin troppo risicata. Abbiamo distrutto la nostra Umanità e non accettiamo di essere soli nell'Universo probabilmente per trovare qualcuno a condividerne le colpe, cerchiamo un Dio che ci purifichi nuovamente perché nel profondo abbiamo innalzato muri di granito nella nostra anima. Siamo l'unica specie vivente planetaria che crede nei muri, uno in particolare si vede pure dallo spazio. Crediamo addirittura al diritto di proprietà generazionale, crediamo a tutto quello che in realtà ci fa comodo, ci nutriamo di violenza e avidità digitale e ci scandalizziamo di quella reale. Ma ritorniamo ora al tema di apertura di questa riflessione: la percezione della notizia, oggi. La nostra attenzione cade immediatamente sulla parola "oggi". Ieri infatti era tutto diverso. Chi contava nella filiera della cultura erano gli eruditi, gli scienziati, i matematici, i letterati, i filosofi tanto per citarne alcuni. Solo loro potevano immortalare la diapositiva eccelsa della conoscenza umana in papiri, libri, riviste, giornali. Oggi non è più così, lo può fare chiunque. Ognuno di noi può rendere pubblico il proprio punto di vista sulla conoscenza o sulla personale percezione della stessa, basti pensare a Wikipedia, Facebook, Instagram o in qualsiasi altra piattaforma mediatica ma anche nei milioni di blog e forum che ogni giorno rivendicano il loro spazio culturale nel Web. Ognuno di noi può crearsi la propria notizia su misura. Di fatto qualsiasi notizia, anche istituzionalizzata dalla più incontrastata e facoltosa testata editoriale, è pur sempre un punto di vista filtrato dal pensiero editoriale, da quello dell'autore, ma soprattutto da quello delle famigerate agenzie di stampa globali a cui le testate stesse fanno obbligatoriamente riferimento. La notizia in se stessa e sempre e comunque un soggettivo punto di vista, la realtà stessa è un'interpretazione sommaria di quello che accade, per poi venire raccontato e ambire successivamente a diventare storia dell'Umanità. Per esempio un hotel può sembrare lussuoso per un migrante che fino a quel momento ha vissuto in un rifugio di fortuna, e quasi spartano per colui che vive in una villa o in un attico di un paese occidentale. Uccidere non ha nessun significato se non lo si contestualizza nella catena alimentare piuttosto che in un omicidio preterintenzionale. Anche la blasfemia rientra in questa panoramica della interpretazione umana. Se "offendere" per molti è solo un verbo o una semplice parola, in altri paesi assume valori ben più gravi diventando conseguenza di carcerazione o addirittura di pena capitale. "Offendere" significa arrecare un grave danno morale ad una persona o a un riferimento religioso, istituzionale o politico. In questo senso la parola offendere è spesso correlata al concetto di "blasfemia", atta ad offendere il sentimento religioso dei rispettivi fedeli. In molti paesi, sia teocratici che laici, i termini della legge sono stati progressivamente incentivati a seguito dell'aumento delle migrazioni e di conseguenza del diffondersi dello spirito multirazziale. Nella cronaca recente un fatto più di altri ha rimesso in luce questi concetti animando di conseguenza l'opinione pubblica. Protagonista il punto di vista di un noto personaggio pubblico, Oliviero Toscani, che immediatamente ha raccolto lo sdegno di molte persone legate ad un concetto di appartenenza sociale, ma in alcuni casi anche razziale. Il corpo dell'offesa consisteva nell'attribuire caratteristiche piuttosto poco gratificanti indirizzate specificatamente agli abitanti della regione Veneto, a loro volta dediti all'uso di sostanze etiliche, alla blasfemia, a comportamenti più o meno corretti in ambito commerciale e soprattutto nell'adempienza del razzismo o comunque alla non accettazione di chi è diverso, chiamalo come vuoi. A prima vista questa sembra avere una forte connotazione offensiva di massa, dove la massa sono tutti gli individui coinvolti indipendentemente dalle caratteristiche diffamanti dell'accusa. Ma nello specifico non si intravede un'offesa diretta ad una razza, o società, a meno che non sia una autoproclamata razza o società a riceverla. Io ad esempio non mi sento offeso se l'offesa è generalizzata in un contenitore così ampio. Sono anche io Veneto, ma non bevo, non bestemmio, non imbroglio e non sono razzista, e se lo faccio sono cavoli miei. Sono anche Italiano e non per questo mi offendo quando all'estero ci identificano come dei mafiosi. Io non lo sono, perché dimostro di avere altre doti come la creatività. Certo posso offendermi se insultano direttamente il mio modo di vedere il Mondo. Personalmente, ma come molti altri, non ci ho fatto caso, è una sua opinione talmente generalizzata che non può nuocermi da vicino, Oliviero Toscani resta quello che è, un grande creativo, un grande fotografo, un comunicatore che oltre a sbarcare il lunario con la sua professionalità ha aperto gli occhi, quelli veri, a milioni di individui. Punto. Inutile accanirsi contro di lui con la speranza di ripulire qualche "ombra" di troppo nella propria coscienza, ognuno di noi ha i propri difetti e non sarà certo un solo individuo a renderli visibili al Mondo intero. Solo noi stessi conosciamo la propria indole più di qualsiasi altro, personaggio pubblico o non che sia. Ma che non sia stata proprio la reazione a questa notizia a renderci pure vagamente ignoranti. Abbiamo risposto da "razza" e non da individui, non da Italiani, non da cittadini del Mondo intero. Ci siamo spontaneamente auto-diffamati, auto-dichiarati colpevoli. Toscani ci ha provocato, è stato duro, non c'è ombra di dubbio, è il suo mestiere e quando lo faceva nelle sue dissacratorie campagne pubblicitarie ci vantavamo pure che a promuoverle era un'azienda veneta, oggi a sua volta accusata di spremere economicamente il suo stesso indotto produttivo e dalle stesse voci che poi decantano a piena voce e con tanto di numeri a undici cifre il virtuosismo veneto all'interno dell'economia nazionale. Una decantata economia basata su un'innovativo e virtuoso indotto turistico che poi vuole paradossalmente chiudere le porte al Mondo. Ma a quali turisti ci rivolgiamo, a quelli che ci fanno comodo oggi, e domani quali saranno?. Qui non si tratta più di una presa di posizione, ma ricadiamo come polli all'informazione di massa, a quella perdita di riferimento, di obiettivo, di coerenza, di coloro che cercano di smontare una notizia troppo scomoda, e a nome di un intero popolo al quale dovrei appartenere forzatamente anche io o a chiunque non si vuole ragionevolmente immischiare. La notizia non va solo percepita come un muro a cui sbatterci il naso o una torta di cioccolato da sbranare a cucchiaiate, ma va analizzata con attenzione, metabolizzata, scomposta in tutte le sue parti fondamentali prima di essere rigurgitata. Oggi si pensa poco e si scrive troppo, nella migliore delle ipotesi. Ho letto e riletto i numerosi commenti postati nel Web, ho letto frasi che purtroppo altro non fanno che confermare una caduta di stile relazionale ad una ben ingegnata provocazione cui solo il silenzio poteva abilmente neutralizzare sul nascere. Certo non siamo tutti uguali, molti di noi hanno voluto difendere la loro indole a loro modo, male, rimettendo sul piatto, reale e non solo digitale, le nostre peggiori qualità umane come l'ipocrisia, l'invidia, l'intolleranza e la cattiveria. Molti ancora sembrano non essersene accorti, ma questa potrebbe essere l'ennesima performance stile Toscani/Benetton ideata per invitarci alla riflessione su molti contesti della nostra vita, dovremo renderne grazie. Questo potrebbe essere l'ennesimo inganno della nostra coscienza. Il taccuino nero, il diario segreto, la camera oscura che trattiene i nostri cattivi pensieri, la nostra contraddizione umana, la nostra negligenza, il nostro buio, la nostra luce, la nostra paura. Ecco che la percezione di una notizia, di una presunta offesa di massa, o di razza, si può trasformare invece nel pretesto di soffermarsi un attimo su cosa consideriamo reale nella nostra vita, è più reale la sembianza di quello che vogliamo trasmettere al Mondo, o la sostanza di quello che siamo veramente e vogliamo trasmettere al nostro Cuore. E' più importante la notizia reale o quella digitale. A cosa crediamo?.
sm
Una delle risposte plausibili è che ci comportiamo come massa e non più come individui, più recentemente che in passato. Il vantaggio di fare "massa" è notevole: paure, ansia, responsabilità vengono diluite fino a diventare invisibili, quasi inesistenti. L'individuo deve cacciare la sua preda per sfamarsi, la massa si reca semplicemente al supermercato dividendosi in carnivori, vegetariani, e addirittura crudisti. La massa va a votare per un futuro migliore, l'individuo se lo crea direttamente e celebra la sua esistenza nelle proprie responsabilità quotidiane. Così pure la notizia digitale promette tempi migliori, o peggiori, a seconda del contenuto, mentre la notizia reale non fa alcuna promessa ed invita piuttosto all'azione, ad un ripensamento della propria vita, a sottodimensionare il proprio tenore di vita a favore del bene comune e dell'ecosistema. E poi c'è di fatto che il cane randagio, l'individuo, fa ben più paura di un'intero canile che poi è la società contemporanea, che vive protetta da alte reti metalliche le cui maglie filtrano ogni ben di Dio ad eccezione dell'Umanità stessa. Questa è la notizia reale, potrebbe far rabbrividire un orso polare in tempi di disgelo o di innalzamento delle temperature globali, tanto per rimanere in termini di idiozie, e pure noi stessi se svelassimo per un attimo il nostro vero cuore in tempi di Civiltà Umana. Non siamo civili, questa è la vera notizia, la civiltà è ben altra cosa, digitale o reale che sia. Dobbiamo ammetterlo in tutta onestà. La confezione lo darebbe a dimostrare, il contenuto invece delude. Apparteniamo ad una civiltà neonata appena uscita dall'incubatore della placenta universale. In breve tempo abbiamo colonizzato l'intero pianeta e ora abbiamo puntato gli occhi su Marte come fosse l'ultimo succulento barattolo di marmellata da spalmare come nutella in una fetta di pane ormai fin troppo risicata. Abbiamo distrutto la nostra Umanità e non accettiamo di essere soli nell'Universo probabilmente per trovare qualcuno a condividerne le colpe, cerchiamo un Dio che ci purifichi nuovamente perché nel profondo abbiamo innalzato muri di granito nella nostra anima. Siamo l'unica specie vivente planetaria che crede nei muri, uno in particolare si vede pure dallo spazio. Crediamo addirittura al diritto di proprietà generazionale, crediamo a tutto quello che in realtà ci fa comodo, ci nutriamo di violenza e avidità digitale e ci scandalizziamo di quella reale. Ma ritorniamo ora al tema di apertura di questa riflessione: la percezione della notizia, oggi. La nostra attenzione cade immediatamente sulla parola "oggi". Ieri infatti era tutto diverso. Chi contava nella filiera della cultura erano gli eruditi, gli scienziati, i matematici, i letterati, i filosofi tanto per citarne alcuni. Solo loro potevano immortalare la diapositiva eccelsa della conoscenza umana in papiri, libri, riviste, giornali. Oggi non è più così, lo può fare chiunque. Ognuno di noi può rendere pubblico il proprio punto di vista sulla conoscenza o sulla personale percezione della stessa, basti pensare a Wikipedia, Facebook, Instagram o in qualsiasi altra piattaforma mediatica ma anche nei milioni di blog e forum che ogni giorno rivendicano il loro spazio culturale nel Web. Ognuno di noi può crearsi la propria notizia su misura. Di fatto qualsiasi notizia, anche istituzionalizzata dalla più incontrastata e facoltosa testata editoriale, è pur sempre un punto di vista filtrato dal pensiero editoriale, da quello dell'autore, ma soprattutto da quello delle famigerate agenzie di stampa globali a cui le testate stesse fanno obbligatoriamente riferimento. La notizia in se stessa e sempre e comunque un soggettivo punto di vista, la realtà stessa è un'interpretazione sommaria di quello che accade, per poi venire raccontato e ambire successivamente a diventare storia dell'Umanità. Per esempio un hotel può sembrare lussuoso per un migrante che fino a quel momento ha vissuto in un rifugio di fortuna, e quasi spartano per colui che vive in una villa o in un attico di un paese occidentale. Uccidere non ha nessun significato se non lo si contestualizza nella catena alimentare piuttosto che in un omicidio preterintenzionale. Anche la blasfemia rientra in questa panoramica della interpretazione umana. Se "offendere" per molti è solo un verbo o una semplice parola, in altri paesi assume valori ben più gravi diventando conseguenza di carcerazione o addirittura di pena capitale. "Offendere" significa arrecare un grave danno morale ad una persona o a un riferimento religioso, istituzionale o politico. In questo senso la parola offendere è spesso correlata al concetto di "blasfemia", atta ad offendere il sentimento religioso dei rispettivi fedeli. In molti paesi, sia teocratici che laici, i termini della legge sono stati progressivamente incentivati a seguito dell'aumento delle migrazioni e di conseguenza del diffondersi dello spirito multirazziale. Nella cronaca recente un fatto più di altri ha rimesso in luce questi concetti animando di conseguenza l'opinione pubblica. Protagonista il punto di vista di un noto personaggio pubblico, Oliviero Toscani, che immediatamente ha raccolto lo sdegno di molte persone legate ad un concetto di appartenenza sociale, ma in alcuni casi anche razziale. Il corpo dell'offesa consisteva nell'attribuire caratteristiche piuttosto poco gratificanti indirizzate specificatamente agli abitanti della regione Veneto, a loro volta dediti all'uso di sostanze etiliche, alla blasfemia, a comportamenti più o meno corretti in ambito commerciale e soprattutto nell'adempienza del razzismo o comunque alla non accettazione di chi è diverso, chiamalo come vuoi. A prima vista questa sembra avere una forte connotazione offensiva di massa, dove la massa sono tutti gli individui coinvolti indipendentemente dalle caratteristiche diffamanti dell'accusa. Ma nello specifico non si intravede un'offesa diretta ad una razza, o società, a meno che non sia una autoproclamata razza o società a riceverla. Io ad esempio non mi sento offeso se l'offesa è generalizzata in un contenitore così ampio. Sono anche io Veneto, ma non bevo, non bestemmio, non imbroglio e non sono razzista, e se lo faccio sono cavoli miei. Sono anche Italiano e non per questo mi offendo quando all'estero ci identificano come dei mafiosi. Io non lo sono, perché dimostro di avere altre doti come la creatività. Certo posso offendermi se insultano direttamente il mio modo di vedere il Mondo. Personalmente, ma come molti altri, non ci ho fatto caso, è una sua opinione talmente generalizzata che non può nuocermi da vicino, Oliviero Toscani resta quello che è, un grande creativo, un grande fotografo, un comunicatore che oltre a sbarcare il lunario con la sua professionalità ha aperto gli occhi, quelli veri, a milioni di individui. Punto. Inutile accanirsi contro di lui con la speranza di ripulire qualche "ombra" di troppo nella propria coscienza, ognuno di noi ha i propri difetti e non sarà certo un solo individuo a renderli visibili al Mondo intero. Solo noi stessi conosciamo la propria indole più di qualsiasi altro, personaggio pubblico o non che sia. Ma che non sia stata proprio la reazione a questa notizia a renderci pure vagamente ignoranti. Abbiamo risposto da "razza" e non da individui, non da Italiani, non da cittadini del Mondo intero. Ci siamo spontaneamente auto-diffamati, auto-dichiarati colpevoli. Toscani ci ha provocato, è stato duro, non c'è ombra di dubbio, è il suo mestiere e quando lo faceva nelle sue dissacratorie campagne pubblicitarie ci vantavamo pure che a promuoverle era un'azienda veneta, oggi a sua volta accusata di spremere economicamente il suo stesso indotto produttivo e dalle stesse voci che poi decantano a piena voce e con tanto di numeri a undici cifre il virtuosismo veneto all'interno dell'economia nazionale. Una decantata economia basata su un'innovativo e virtuoso indotto turistico che poi vuole paradossalmente chiudere le porte al Mondo. Ma a quali turisti ci rivolgiamo, a quelli che ci fanno comodo oggi, e domani quali saranno?. Qui non si tratta più di una presa di posizione, ma ricadiamo come polli all'informazione di massa, a quella perdita di riferimento, di obiettivo, di coerenza, di coloro che cercano di smontare una notizia troppo scomoda, e a nome di un intero popolo al quale dovrei appartenere forzatamente anche io o a chiunque non si vuole ragionevolmente immischiare. La notizia non va solo percepita come un muro a cui sbatterci il naso o una torta di cioccolato da sbranare a cucchiaiate, ma va analizzata con attenzione, metabolizzata, scomposta in tutte le sue parti fondamentali prima di essere rigurgitata. Oggi si pensa poco e si scrive troppo, nella migliore delle ipotesi. Ho letto e riletto i numerosi commenti postati nel Web, ho letto frasi che purtroppo altro non fanno che confermare una caduta di stile relazionale ad una ben ingegnata provocazione cui solo il silenzio poteva abilmente neutralizzare sul nascere. Certo non siamo tutti uguali, molti di noi hanno voluto difendere la loro indole a loro modo, male, rimettendo sul piatto, reale e non solo digitale, le nostre peggiori qualità umane come l'ipocrisia, l'invidia, l'intolleranza e la cattiveria. Molti ancora sembrano non essersene accorti, ma questa potrebbe essere l'ennesima performance stile Toscani/Benetton ideata per invitarci alla riflessione su molti contesti della nostra vita, dovremo renderne grazie. Questo potrebbe essere l'ennesimo inganno della nostra coscienza. Il taccuino nero, il diario segreto, la camera oscura che trattiene i nostri cattivi pensieri, la nostra contraddizione umana, la nostra negligenza, il nostro buio, la nostra luce, la nostra paura. Ecco che la percezione di una notizia, di una presunta offesa di massa, o di razza, si può trasformare invece nel pretesto di soffermarsi un attimo su cosa consideriamo reale nella nostra vita, è più reale la sembianza di quello che vogliamo trasmettere al Mondo, o la sostanza di quello che siamo veramente e vogliamo trasmettere al nostro Cuore. E' più importante la notizia reale o quella digitale. A cosa crediamo?.
sm
...Indagatore in quelle aree inesplorate della mente. Dissacrante e nel contempo avvolgente. Riflessivo e che spinge a riflettere sulla vita e sulle esigenze odierne.
Non lascia indifferenti.
rd
Non lascia indifferenti.
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